Peppermint, Logistep e i legali Mahlknecht & Rottensteiner chiedono i danni agli utenti del p2p

Negli utimi 15 giorni 3636 utenti del peer to peer italiani hanno ricevuto una raccomandata dallo studio legale Mahlknecht & Rottensteiner che accusa i destinatari della diffusione di materiale discografico in violazione del copyright e propone, come bonaria alternativa a una denuncia penale, una transazione. Il cliente dello Studio è la Peppermint Jam , casa discografica tedesca, e i brani illegalmente diffusi sarebbero quelli di Carl Keaton Jr, Colin Rich, Emma Lanford, James Kakande, Mousse T., Omar, Roachford, SO PHAT!, VD3 Beatz, Warren G. Gli utenti sarebbero stati intercettati tramite l’uso di un software messo a punto dalla società svizzera Logistep

La raccomandata.

In breve la lettera (parte 1, parte 2, parte 3 ) spiega che, una volta acquisito l’ip con il software di cui sopra, i legali elvetici hanno ottenuto un’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma ordinava alla Telecom l’esibizione dei tabulati, da cui sono stati poi ricavati i nominativi degli intestatari delle utenze telefoniche.
Premesso ciò la Peppermint propone di risolvere amichevolmente la questione impegnandosi a non denunciare l’illecito e a non chiedere ulteriori danni se la controparte accettasse di terminare la condivisione dei file protetti da copyright e di pagare un importo forfettario di 330 Euro.

Le reazioni

In pochi la notizia si è diffusa a macchia d’olio e con essa le centinaia di commenti sui siti del settore. In realtà già a Marzo Punto informatico aveva segnalato la notizia del prossimo rilascio dei tabulati Telecom all’avvocato Mahlknecht, che spiegava:

“Le persone riceveranno una diffida e una richiesta di cancellazione dei file. Inoltre dovranno promettere (con una scrittura privata, ndr.) che non metteranno più a disposizione opere protette da diritto d’autore. Tutto qui? Non proprio. Verrà loro chiesto anche di versare quella che il legale definisce “modesta somma”, un quantum nell’ordine delle centinaia di Euro, denari che saranno utilizzati per compensare il lavoro tecnico e quello legale dietro l’iniziativa di Peppermint. “Non sono cifre – sottolinea il legale – equiparabili a quelle che richiedono ad esempio negli Stati Uniti”, come a dire che sì, una punizione ci vuole ma che sia più che altro una sanzione simbolica, una sorta di avvertimento.”

Una sanzione simbolica dunque, che potrebbe aprire la strada a migliaia di iniziative simili e segnare l’inizio della fine del p2p pirata. Ma gli internauti non ci stanno e ne dibattono sui forum. Ad esempio su:

Problemi di privacy

In realtà sul principio non si discute: il download e la diffusione di file protetti da diritto d’autore sono atti che costituiscono, rispettivamente, illecito amministrativo e penale. Nel caso in esame la Logistep sostiene di aver accertato che i pc delle controparti fungevano da server dai quali altre persone hanno scaricato i file. Quello che si contesta è anzitutto il sistema con cui si sono raccolti i dati personali dei presunti rei. Il software della Logistep è davvero così affidabile come si vuol far credere? Perché la magistratura ha autorizzato un soggetto privato ad acquisire dati personali di terze persone? Ha verificato l’attendibilità oggettiva del software della Logistep? Perché la Telecom non ha avvisato gli abbonati interessati? C’è stata quindi violazione del diritto alla riservatezza? Ma il Garante per la Privacy dov’era? Se lo chiede anche il senatore dei Verdi Cortiana il quale, dopo aver inutilmente interpellato una prima volta il Garante stesso, chiede di intervenire affinche “si interrompa l’azione” (in realtà per ora non è in atto alcuna azione giudiziaria, ma solo una richiesta di composizione stragiudiziale) della Peppermint Jam. Riporto dal forum :

“Nell’ordinanza n° 571/174/2006, che vi allego, il Magistrato rende noto, come ho evidenziato nel testo, che il Garante della Privacy non si è costituito pur essendo stato oggetto di notifica del ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 152 d.lgs. 196/2003. Probabilmente il fatto è dovuto a disguidi organizzativi, ma la mancanza di espressone del Garante potrebbe aver contribuito a modificare il giudizio del Tribunale di Roma. A maggior ragione vi sollecito ad intervenire affinché si interrompa l’azione messa in atto nei confronti di migliaia di utenti italiani. Altrimenti si potrebbe creare un precedente giurisprudenziale per il quale detentori di materiale tutelato dal diritto d’autore e/o da copyright potrebbero essere interessati alla messa in distribuzione, via Internet, di questo materiale per poi mettere in atto, nei confronti degli utenti che lo scaricassero, la richiesta di danaro per non adire a vie legali, penali, come sta accadendo ora.”

In effetti lo scopo della casa discografica sembra proprio essere quello di intimorire gli utenti p2p per indurli a non usare più il mezzo telematico per scambi illeciti, e d’altro lato, anche attraverso la  fissazione di un brevissimo termine per l’accettazione della proposta di transazione, per incamerare quanto più denaro possibile. Ma se nessuno pagasse i 330 € chiesti “bonariamente” a titolo di risarcimento la Peppermint Jam farebbe davvero causa ai 3636 internauti nel loro luogo di residenza?

La raccomandata omette qualcosa.

Nella lettera in soldoni si dice:”Hai messo in condivisione illegalmente il file mousse-t-eccetera.mp3, e se entro il 14 Maggio accetti incondizionatamente di pagare la somma richiesta, per il presente caso non sporgeremo denuncia penale o avanzeremo altre richieste in sede civile”. Quindi non è escluso che un utente che aveva scaricato altre canzoni dello stesso artista riceva altre lettere del genere. Inoltre l’avvocato Mahlknecht ha dimenticato di specificare che una volta ricevuta la notizia di reato il magistrato può procedere autonomamente, e chiunque potrebbe fare la denuncia.

La legge sul diritto d’autore

L’articolo 171 della legge 633/1941 sulla protezione del diritto d’autore (aggiornato al 2007) stablisce che “Salvo quanto disposto dall’art. 171-bis e dall’articolo 171-ter, è punito con la multa da l. 100.000 a l. 4.000.000 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma […] mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta, o parte di essa;” e che “Chiunque commette la violazione di cui al primo comma, lettera a-bis), é ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima dell’emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato.”

L’art. 171 recita inoltre: “1. È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque a fini di lucro: a) abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un’opera dell’ingegno[…]”. Quest’ultima norma non è applicabile al caso in esame perché non c’è la finalità lucrativa.

Come reagire?

Difficile dirlo. Qui esprimo opinioni personali che vanno considerate come tali. Gli interessati farebbero bene a rivolgersi piuttosto ad un avvocato esperto di diritto dell’informatica.

Sul piano civile, pur se la somma richiesta a titolo di risarcimento non è di scarsa entità, bisogna sempre tener presente che sostenere le spese giudiziarie di un eventuale processo civile potrebbe portare ad un esborso ben più rilevante. Il problema potrebbe essere superato se tutti gli interessati facessero fronte comune e si rivolgessero insieme ad un unico legale. Da segnalare che l’associazione dei consumatori Adiconsum sembra essere interessata al problema.

Per quanto concerne l’altro profilo, l’eventualità di un processo penale non può essere condizionata dalla volontà della Peppermint, e a nulla valgono le sue rassicurazioni in tal senso. Le contestazioni degli utenti p2p potrebbero riguardare le modalità e il mezzo (software Logistep) usato per la ricerca della prova, nonché la (in)ammissibilità della prova per violazione del loro diritto alla privacy. C’è da aggiungere che la responsabilità penale è personale, e non sarebbe sempre facile provare l’identità della persona che in concreto ha usato il peer to peer, non essendovi una responsabilità oggettiva del titolare dell’abbonamento telefonico.

Gran parte dei fruitori di internet segue con interesse la vicenda perché dai suoi sviluppi potrebbe dipendere il futuro dello scambio di file in Italia. Una sentenza risolutiva in materia sarebbe auspicabile, ma ancor di più ci si aspetta un intervento del legislatore che dovrebbe far chiarezza sugli aspetti legati al diritto alla riservatezza degli internauti.

Su p2pforum il parere di alcuni avvocati.