Opposizione a sanzione amministrativa: il termine per il deposito dei documenti è perentorio, salvo si tratti degli atti impugnati

Opposizione a sanzione amministrativa: il termine di cui all’art. 7, comma 7, del d.lgs. n. 150 del 2011, per il deposito della documentazione strettamente connessa all’atto impugnato, in difetto di espressa previsione, non è perentorio, a differenza di quello previsto dall’art. 416 c.p.c., che si applica, per il richiamo operato dal comma 1 del medesimo art. 7, per gli altri documenti depositati dall’Amministrazione.

Corte di Cassazione, Sez. 6 – 2, Sentenza n. 16853 del 09/08/2016

Sulla natura del termine stabilito dall’art. 7 comma 7 D. Lgs n. 150 del 2011 occorre osservare quanto segue. Va premesso che il D.Lgs in questione, recante “Disposizioni Ric. 2014 n. 14203 sez. M2 – ud. 05-11-2015 -6- complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69″ disciplina all’art. 7 l’opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada”. Il primo comma di tale articolo afferma: «1. Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni de/presente articolo». Il successivo comma 7 prevede quanto segue: «7. Con il decreto di cui all’articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente ed ai soggetti di cui al comma 5». Il richiamo effettuato al rito del lavoro (contenuto nel primo comma in via generale, salvo l’inciso finale e nel settimo comma limitatamente al solo art. 415) determina l’applicabilità dell’art. 416 cod. proc. civ., secondo cui la costituzione dell’Amministrazione convenuta deve avvenire con deposito di memoria “almeno 10 giorni prima dell’udienza” (comma 1), memoria nella quale “devono essere proposte a pena di decadenza le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezion i processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio” (comma 2). Infine, con la stessa memoria il convenuto “deve prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad urna generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare”. Le norme processuali contenute nell’art. 416 c.p.c. non sono state Ric. 2014 n. 14203 sez. M2 – ud. 05-11-2015 -7- modificate da alcuna disposizione dell’art. 7 D. I,gs n. 150/2011 e, quindi, devono ritenersi applicabili anche nei confronti dell’Amministrazione convenuta, che non si costituisce in giudizio o che si costituisce tardivamente o che costituendosi tempestivamente non indichi, nella memoria di costituzione, i mezzi di prova o non depositi contestualmente la documentazione della quale intenda avvalersi. In tali casi la sanzione a carico del convenuto è la decadenza, dovendosi al riguardo applicare le conseguenze che la giurisprudenza di legittimità ha organicamente delineato nei suoi molteplici arresti, anche quanto all’omesso deposito della documentazione di cui il convenuto intenda avvalersi in giudizio. Peraltro, va tenuto conto che l’intervento legislativo è stato reso all’esito di una pluriennale esperienza sul particolare giudizio in questione, il cui nucleo essenziale è rappresentato dall’opposizione ad un atto della Amministrazione, contenente una sanzione, con conseguente necessità di adattamenti, specie per quanto riguarda la produzione in giudizio della documentazione della stessa Amministrazione strettamente riferibile alla adozione dell’atto sanzionatorio, oggetto appunto del giudizio di opposizione. Talché, in passato non si è dubitato che il termine di 10 giorni, assegnato alla amministrazione appunto per il solo deposito di tali documenti, non potesse avere natura perentoria, proprio perché, tra l’altro, consente una più compiuta conoscenza da parte del giudice e della stessa parte opponente di tutto ciò che è stato accertato e valutato dall’amministrazione ai fini della adozione e notifica dell’atto sanzionatoti°. La nuova normativa, da un lato, indica un termine per il deposito in giudizio della documentazione strettamente inerente l’atto opposto Ric. 2014 n. 14203 sez. M2 – ud. 05-11-2015 -8- (comma 7) e, dall’altro, rende applicabile (comma 1) l’art. 416 cod. proc. civ. con le relative preclusioni quanto alla documentazione da produrre, di cui l’Amministrazione intenda avvalersi. Si tratta, quindi, di diversa documentazione, ben potendo, in astratto, la documentazione prevista e richiamata dall’art. 416 cod. proc. civ. riguardare non solo quella strettamente connessa all’atto impugnato, ma tutta quella di cui l’amministrazione intenda avvalersi in giudizio, certamente più ampia della prima. In tale contesto, si è di fronte ad una apparente duplicazione di norme, che rende necessario un coordinamento tra le stesse, per verificare se si tratti: a) di una mera ripetizione del contenuto di una norma già richiamata, rendendola quindi del tutto superflua; b) di una specifica regolamentazione del regime del deposito dei soli atti strettamente collegati all’atto sanzionatorio. Il coordinamento si rende necessario non solo in ragione della diversa ampiezza del contenuto documentale, ma anche in ragione del limite di applicabilità del rito del lavoro espressamente contenuto nell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 7 (“ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo”). Alla luce dei limiti di applicabilità del rito del lavoro appena richiamati e in relazione alla specifica regolamentazione del deposito dei documenti prevista dal comma 7, ad avviso del Collegio, deve giungersi alla conclusione che il legislatore ha voluto specificamente regolare la sola questione del deposito in giudizio dei documenti strettamente collegati all’atto opposto. Tale specifica regolazione integra la deroga al rito del lavoro di cui all’inciso precedentemente richiamato. Una volta stabilita la diversa regolazione, rispetto all’art. 416 cod. proc. civ., dei soli documenti in questione, non resta che verificare se il termine di 10 giorni pure indicato nella norma di cui al settimo comma Ric. 2014 n. 14203 sez. M2 – ud. 05-11-2015 -9- dell’art. 7, abbia o meno natura perentoria. Al riguardo, il Collegio ritiene che il termine debba essere qualificato come ordinatorio, sia in ragione dell’assenza di una specifica previsione in senso diverso (o della [una) previsione di conseguenze in caso di violazione), sia in ragione degli arresti ormai consolidati di questa Corte sulla natura di detto termine, nella specifica materia e nella vigenza della precedente normativa.