Estratto di ruolo: opposizione dopo la regolare notifica della cartella

parere

Dopo la scadenza dei termini di impugnazione della cartella di pagamento è possibile impugnare il ruolo esattoriale?

Qualche tempo fa, tra gli operatori del foro locale, era nato un vivace dibattito circa la possibilità di chiedere al giudice ordinario l’accertamento negativo del credito tributario divenuto definitivo. Poi il decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in legge n. 215 del 17 dicembre 2021, ha cambiato tutto, creando sconcerto. Sconcerto che, tuttavia, non ha motivo di esistere perché rispetto al passato poco sembra cambiato.

Ma procediamo con ordine.

L’art. 4-bis del D.P.R. 602/1973, introdotto con il menzionato decreto, prevede che: «L’estratto di ruolo non e’ impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione))».

L’esordio è infelice: l’estratto di ruolo non è stato mai considerato un “atto” impugnabile perché esso è soltanto un “un”elaborato informatico formato dell’ esattore… sostanzialmente contenente gli … elementi della cartella …”, quindi anche gli “elementi” del ruolo afferente quella cartella” (così Consiglio di Stato, IV, n. 4209 del 2014, richiamato da Cass. SS.UU. n. 19704/2015). Oggetto del giudizio di impugnazione sono il ruolo (atto impositivo emesso dalla amministrazione creditrice) e/o la cartella (che racchiude in sé il titolo ed il precetto) mentre l’estratto consente di documentare i fatti in esso rappresentati. Pertanto, l’incipit appare di dubbia utilità.

La norma prosegue: “Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri…” la sussistenza di almeno uno dei tre presupposti indicati (per esigenze di brevità, non mi soffermo sulle implicazioni che tale limitazione potrebbe avere in termini di aderenza al dettato costituzionale).

Quando il legislatore parla di impugnabilità diretta “del ruolo o della cartella invalidamente notificata” non può che far riferimento alla impugnazione della pretesa creditoria nel merito, cioè alla impugnazione di tipo “recuperatorio” e, quindi, al diritto del debitore di contestare il ruolo formato dalla pubblica amministrazione e incorporato nella cartella non ritualmente notificata (analogamente a quanto avviene nei casi di impugnazione, nei termini di legge, della cartella ritualmente notificata). Quindi ci troviamo in quella fase della riscossione che va dalla formazione del ruolo alla definitività del credito.

Infatti l’art. 4-bis limita espressamente le ipotesi di impugnabilità della cartella già notificata a quelle in cui la notifica non è avvenuta regolarmente e, quindi, potenzialmente il credito non è divenuto definitivo. Se il legislatore avesse inteso riferirsi all’impugnazione del ruolo in ogni fase del procedimento di riscossione, ovvero anche in casi di valida notifica della cartella di pagamento, la precisazione in ordine alla “cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata” sarebbe stata del tutto superflua. L’interpretazione qui proposta attribuisce un senso a tale precisazione ed appare essere l’unica possibile in termini di compatibilità con la Carta Costituzionale. Diversamente, l’estensione della limitazione dell’impugnazione alle sole tre ipotesi indicate anche alla fase successiva alla cristallizzazione del credito, sarebbe lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto, in generale, dall’art. 24 Cost. e, nei confronti della pubblica amministrazione, dall’art. 113 Cost.. A tal proposito sembra utile evidenziare che la Corte Costituzionale ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui non prevedeva che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile (Corte Cost., Sentenza 114/2018).

Se la cartella validamente notificata non viene impugnata nei termini di legge o viene impugnata con esito negativo, il credito da essa portato si cristallizza e il titolo non può più essere messo in discussione. A questo punto la portata della norma introdotta dall’art. 4-bis citato si esaurisce; essa non si estende alla fase successiva, ovvero quella in cui i rimedi giurisdizionali di tipo impugnatorio-recuperatorio lasciano spazio all’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) o, più in generale, all’azione di accertamento negativo del credito.

L’opposizione all’esecuzione (che non è soggetta a termine di decadenza) pur non consentendo di contestare il credito in funzione recuperatoria, permette di far valere fatti modificativi o estintivi successivi alla formazione del titolo.

La stragrande maggioranza delle impropriamente dette “impugnazioni ad estratto di ruolo” consiste proprio in azioni di tal genere.

Quindi, secondo la tesi qui sostenuta, sotto la vigenza della nuova norma è sempre possibile opporre il ruolo davanti al giudice civile competente per materia e valore per far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo definitivo.

Questo discorso può valere sicuramente per i crediti di natura non tributaria (es: sanzioni amministrative o crediti previdenziali) in relazione ai quali è competente, anche per l’impugnazione della cartella, il giudice civile. Invece per i crediti tributari?

E’ possibile impugnare un ruolo tributario innanzi all’autorità giudiziaria civile?

Sul punto può soccorrere la sentenza n. 34447/19 delle SS.UU. Civili che (in una procedura fallimentare, quindi latu sensu esecutiva) ha stabilito:«La notifica della cartella di pagamento non impugnata (o vanamente impugnata) dal contribuente nel giudizio tributario determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che, per chiara disposizione normativa, sfugge alla giurisdizione del giudice tributario, non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione che è proprio del rapporto tributario (non tutte le controversie nelle quali abbia incidenza una norma fiscale si trasformano in controversie tributarie di competenza delle relative commissioni, come rilevato da Cass. SU n. 7526 del 2013). Il processo tributario è annoverabile tra i processi di «impugnazione-merito», in quanto, pur essendo diretto alla pronuncia di una decisione sul merito della pretesa tributaria, postula pur sempre l’esistenza di un atto da impugnare in un termine perentorio e da eliminare dal mondo giuridico (art. 19 del d. lgs. n. 546 del 1992), che sarebbe arduo ricercare quando il debitore intenda far valere fatti estintivi della pretesa erariale maturati successivamente alla notifica della cartella di pagamento, come la prescrizione, al solo fine di paralizzare la pretesa esecutiva dell’ente creditore»...«Quando, invece, la cartella sia stata notificata e la relativa pretesa tributaria sia divenuta definitiva, dei successivi fatti estintivi della pretesa tributaria competente a giudicare è il giudice ordinario, quale giudice dell’esecuzione, cui spetta l’ordinaria verifica dell’attualità del diritto dell’ente creditore di procedere all’esecuzione forzata».

Anche la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 114 del 2018, aveva stabilito:«la sommatoria della tutela innanzi al giudice tributario e di quella innanzi al giudice (ordinario) dell’esecuzione deve realizzare per il contribuente una garanzia giurisdizionale a tutto tondo: in ogni caso deve esserci una risposta di giustizia perché siano rispettati gli artt. 24 e 113 Cost.». La Corte Costituzionale fa riferimento alla sola fase esecutiva ma non a quella fase intermedia tra la notifica della cartella e la notifica del primo atto di esecuzione.

Invece, nella citata sentenza del 2019, c’è un espresso riferimento a tale fase quando, al punto 4.4., le SS.UU. affermano: «L’ammissibilità delle opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. (tra le quali è compresa anche l’opposizione a precetto) dinanzi al giudice dell’esecuzione per contestare il diritto di procedere alla riscossione coattiva, sulla base di fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo e, quindi, a valle della notifica della cartella di pagamento, è coerente con la natura di quest’ultima che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, assolve in un solo atto le funzioni svolte dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica (tra le tante, Cass., sez. III, n. 3021 del 2018)».

Oltre a menzionare espressamente l’opposizione a precetto (è pacifico che il precetto, recte, la cartella, non costituisca un atto esecutivo), le Sezioni Unite indicano specificamente l’opposizione ex art. 615 c.p.c. come rimedio per contestare fatti sopravvenuti alla formazione del titolo (a valle della notifica della cartella). Ma l’opposizione non deve essere proposta sempre innanzi al G.E.. Infatti, quando l’esecuzione non è ancora iniziata, l’azione ex art. 615, comma I, c.p.c. viene esercitata innanzi al Tribunale Ordinario o al Giudice di Pace. A tal proposito proseguono:«Se è vero che la cartella è configurabile come atto di riscossione e non di esecuzione forzata (Cass. SU n. 5994 del 2012) e che la giurisdizione tributaria si arresta solo di fronte agli atti di esecuzione forzata tra i quali non rientrano né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora (Cass. SU n. 17943 del 2009), è anche vero che per espressa disposizione normativa (art. 2 d. lgs. n. 546 del 1992) la notifica della cartella è un dato rilevante ai fini della giurisdizione, determinando il sorgere della giurisdizione del giudice ordinario, l’unico competente a giudicare dei fatti, successivamente intervenuti, estintivi e modificativi del credito tributario cristallizzato nella cartella».

Ai sensi dell’art. 19 del d. lgs. n. 546 del 1992 fa eccezione al quadro delineato (giurisdizione ordinaria a valle della cartella) il diritto di impugnare davanti alla Commissione Tributaria alcuni atti emessi dopo la notifica della cartella, quali l’intimazione di pagamento o l’avviso di ipoteca. Tali atti sono tipici ma solo eventuali. Quindi in caso di inerzia dell’Agente della Riscossione, quale strumento il contribuente ha a disposizione per ottenere l’annullamento del credito? 

Va sottolineato che, ormai da tempo, le SS.UU. hanno sancito il “doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. SS. UU. sent. n. 19704/2015).

A mio avviso, per non lasciare “vuoti di tutela”, presupponendo che in capo al debitore sussista l’interesse ad agire (e su questo argomento si potrebbe aprire un capitolo a parte), dopo la cristallizzazione del credito portato dalla cartella, sia esso di natura extratributaria sia esso di natura tributaria, dovrebbe considerarsi ammissibile adire il giudice ordinario allo scopo di far accertare l’esistenza di fatti modificativi o estintivi della pretesa tributaria sopravvenuti alla notifica della cartella (la prescrizione, il pagamento, l’annullamento ex lege, ecc.) e far dichiarare la totale o parziale estinzione del credito.

AGGIORNAMENTO: L’impugnazione dell’estratto e del ruolo è inammissibile anche se il processo era già pendente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 146/21 (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza n. 26283 del 06/09/2022)