Accesso agli atti: copia della cartella di pagamento. Le ragioni del rifiuto devono essere attestate dall’agente della riscossione.

Il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha stabilito l’obbligo dell’agente della riscossione di esibire, a seguito di richiesta di accesso agli atti del contribuente, la copia della cartella di pagamento. Nel caso in cui ciò non fosse possibile, il concessionario deve attestarlo e darne comunicazione al richiedente e non limitarsi al mero rilascio dell’estratto di ruolo.

L’Adunanza Plenaria ha anche stabilito che il concessionario dovrà dotarsi di un assetto organizzativo che consenta il rilascio della copia a suo tempo notificata.

Cons. Stato, A.P., 14 marzo 2022, n. 4 – Pres. Frattini, Est. Veltri

[omissis]

5.1. La cartella ha, invero, una funzione composita che si riflette inevitabilmente sulla sua natura giuridica:

a) da una parte è lo strumento che nel procedimento di esecuzione esattoriale serve a portare a conoscenza del contribuente, mediante notifica, l’esistenza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione esattoriale e costituito dal ruolo. Ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, infatti, “la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo”. Il contenuto minimo della cartella di pagamento è previsto dall’art. 6 del d.m. ed è costituito dagli elementi che “devono essere elencati nel ruolo…, ad eccezione della data di consegna del ruolo stesso al concessionario e del codice degli articoli di ruolo e dell’ambito”;

b) dall’altro la cartella di pagamento incorpora anche il contenuto del “precetto” (tipico dell’esecuzione civile), nel contesto documentale di un modello conforme a quello previsto in via regolamentare (cfr. il d.m., 3 settembre 1999, n. 321), nonché le ulteriori informazioni necessarie o comunque utili per il contribuente. In particolare, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, “la cartella di pagamento contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”, nonché “l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo” (comma 2-bis dell’art. 25 cit.). Essa riporta inoltre le “avvertenze concernenti le modalità e i termini di impugnazione” (art. 6, comma 2, del d.m. 321/1999 cit.);

c) in alcuni peculiari e tassativi casi, inoltre, la cartella di pagamento può addirittura rivestire funzione impositiva in senso sostanziale, in tutto assimilabile ad un atto di accertamento (si pensi, a titolo di esempio, alla cartella di pagamento emessa nell’ambito della procedura di controllo automatizzato delle dichiarazioni reddituali, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 600/1973).

5.2. Insomma, come rilevato dalle Sezioni unite, in generale e salvo casi specifici, “la notifica della cartella assolve uno actu le funzioni che nella espropriazione forzata codicistica sono svolte dalla notificazione del titolo esecutivo ex art. 479 c.p.c. e dalla notificazione del precetto” (Cass., Sez. un., 14 aprile 2020, n. 7822).

5.3. Essa costituisce l’emersione documentale di uno snodo indefettibile dell’esecuzione esattoriale. Tanto è vero che, laddove il legislatore ha ritenuto superflua l’emissione della cartella di pagamento, lo ha espressamente sancito, conferendo all’atto impositivo (nella specie gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi, IVA e IRAP) efficacia esecutiva e di contestuale precetto (cfr. art. 29 del d.l. n. 78/2010).

6. Tanto chiarito conviene subito soffermarsi sul tenore testuale dell’art. 26, comma 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, poiché esso contiene la disposizione speciale che regola l’accesso alla cartella di pagamento. Esso prevede che “Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”.

6.1. Il dato testuale è chiaro: individua nel concessionario l’amministrazione che deve conservare il documento e lo detiene ai fini dell’accesso, circoscrive temporalmente gli obblighi di conservazione, individua i titolari del diritto d’accesso nelle parti del rapporto tributario (contribuente e amministrazione). L’unico elemento di incertezza è costituito dall’alternativa che la stessa pone tra due modalità di conservazione del documento: a) la copia della cartella, oppure b) la “matrice”.

6.2. Il riferimento alla “matrice” è presente sin dalla prima emanazione della disposizione e allude, invero, a una modalità di produzione della cartella invalsa al tempo in cui il ruolo era ancora cartaceo (in sostanza la “matrice” era l’originale dalla cui compilazione scaturiva la “figlia” da notificare al contribuente). Esso, una volta “dematerializzati” i ruoli in forza delle previsioni di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e del d.m. 3 settembre 1999, n. 321, ha perso di significato e valenza applicativa: la cartella infatti è divenuto un documento estratto a mezzo stampa dal ruolo informatico, secondo un modello predeterminato in sede regolamentare nei suoi contenuti e nel suo standard.

La modalità alternativa di conservazione dell’atto si è concentrata, dunque, di fatto, su una sola modalità: l’effettuazione della copia della cartella.

6.3. Il sistema informatico, giusto quanto chiaramente emergente dagli atti processuali, e del resto riconosciuto anche in sede giurisprudenziale (per tutte, Cass., Sez. III, 23 giugno 2015, n. 12888), consente oggi, tuttavia, la stampa di un unico originale, probabilmente per evitare la duplicazione accidentale o addirittura dolosa del titolo.

Ne discende la necessità di un’azione informatica o umana che consenta di tenere traccia fedele e conforme del detto originale. Certamente può trattarsi di una copia digitale, ossia il prodotto di una copia generata direttamente dal sistema informatico oppure scannerizzata dall’operatore a valle della stampa, ma dev’essere la riproduzione conforme dell’atto, non essendo possibile, ai fini dell’accesso, adempiere alla richiesta a mezzo del rilascio di un estratto di ruolo, ossia della mera stampa di dati estrapolati dal ruolo informatizzato, ma non “organizzati” in cartella.

7. L’estratto di ruolo infatti “è l’atto del concessionario, relativo al singolo contribuente, che non contiene però alcuna pretesa impositiva, e non è specificamente previsto da alcuna disposizione di legge; si tratta di un elaborato informatico formato dal concessionario della riscossione, contenente gli elementi della cartella, e quindi anche gli elementi del ruolo afferenti a quella cartella, privo di pretesa impositiva” (da ultimo Cass., Sez. V, 11 febbraio 2022, n. 22798). Trattasi in altri termini di un documento non avente un ruolo predeterminato nella scansione procedimentale dell’esecuzione esattoriale, caratterizzato semplicemente da una valenza ricognitiva del contenuto del ruolo in ordine a posizioni individuali.

7.1. Dell’estratto di ruolo si sono occupati dapprima la giurisprudenza al fine di sondarne l’autonoma impugnabilità, sub specie in relazione al profilo dell’interesse a ricorrere ex art. 100 c.p.c. (Sez. un., n. 19704/2015), e di recente il legislatore per affermarne l’inoppugnabilità salvo che in ipotesi di specifica lesività, tassativamente elencate. Il riferimento è all’art. 3-bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in l. 17 dicembre 2021, n. 215 [“L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”].

7.2. Il rilievo peculiare e autonomo che sia la giurisprudenza che il legislatore hanno dato all’estratto di ruolo conferma che esso è un atto ontologicamente diverso dalla cartella di pagamento: il primo è un mero strumento di conoscenza, la seconda è un atto fondamentale del procedimento di esecuzione esattoriale che dev’essere notificato al contribuente e conservato in copia a cura del concessionario.

8. Corollario di tale ricostruzione è che ove il contribuente chieda accesso alla cartella di pagamento e questa rientri nel periodo di obbligatoria conservazione, è solo con il rilascio della copia della cartella di pagamento, e non con l’estratto di ruolo, che il concessionario adempie esattamente ai suoi obblighi di ostensione.

9. Incidentalmente il Collegio osserva che è quanto meno anomalo che il concessionario si dichiari in grado di adempiere esattamente solo qualora egli stesso abbia scelto, quali canali di notificazione, l’ufficiale giudiziario, il messo comunale o gli agenti della polizia municipale, ai sensi del primo comma dell’art. 26 del d.P.R. 602/1973 cit., ovvero la PEC di cui al secondo comma del medesimo articolo, sul presupposto che esclusivamente in questi casi il procedimento notificatorio richiede o contempla la formazione di una copia. Infatti non è condivisibile la tesi secondo cui la disponibilità di un atto che la legge chiede di assicurare per un certo numero di anni sia obliterata a cagione della scelta della raccomandata postale quale canale di notificazione (modalità consentita dal comma 1 cit.); è anche del tutto irragionevole l’altra tesi per cui l’introduzione di una facilitazione nel procedimento di notifica farebbe implicitamente venir meno l’obbligo di generazione e conservazione di una copia cartacea o digitale.

Del resto, la Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2018, n. 175 – nell’esaminare proprio i dubbi costituzionali relativi all’utilizzo da parte del concessionario della riscossione della modalità semplificata di notificazione “diretta”, con consegna del plico al destinatario senza predisposizione di una “relata” che certifichi l’avvenuta consegna dell’atto – ha posto l’accento sul carattere dirimente della “effettiva possibilità di conoscenza” della cartella di pagamento da parte del contribuente ai fini dell’esercizio del diritto di difesa. Ad avviso di questa Adunanza l’esigenza della effettiva possibilità di conoscenza comporta anche il dovere in capo al concessionario di esibire, a richiesta del contribuente, la copia della cartella che, proprio a causa delle modalità semplificatorie della notificazione “diretta”, egli assume di non aver conosciuto materialmente.

10. La mancata predisposizione di un assetto organizzativo che consenta il rilascio della copia a suo tempo notificata direttamente a mezzo posta costituisce quindi una prassi contrastante con l’art. 26 sopra citato, e dunque i concessionari dovranno porre rimedio con i necessari adattamenti e le opportune misure organizzative, anche in forza dell’art. 22, comma 6, della l. 241/1990, che correla all'”obbligo” di detenere (e non alla concreta detenzione) il diritto d’accesso.

11. Vanno dunque chiarite le conseguenze derivanti dalla violazione dell’obbligo di conservazione e detenzione, in forza della prassi organizzativa che renda non disponibile una copia della cartella suscettibile di ostensione.

12. Questa Adunanza ritiene che in tal caso il concessionario dovrà rilasciare specifica attestazione della mancata detenzione della cartella, avendo cura di specificarne le cause, essendo evidente che l’obbligo di concreta ostensione incontra il limite della oggettiva possibilità.

13. Riepilogando, dunque, l’Adunanza, in risposta ai quesiti sottoposti dalla Sezione rimettente, formula i seguenti principi di diritto:

1) il concessionario, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del d.P.R. 602/1973, ha l’obbligo di conservare la copia della cartella di pagamento, anche quando esso si sia avvalso delle modalità semplificate di diretta notificazione della stessa a mezzo di raccomandata postale;

2) qualora il contribuente richieda la copia della cartella di pagamento, e questa non sia concretamente disponibile, il concessionario non si libera dell’obbligo di ostensione attraverso il rilascio del mero estratto di ruolo, ma deve rilasciare una attestazione che dia atto dell’inesistenza della cartella, avendo cura di spiegarne le ragioni.

14. Esaurito il novero delle questioni rilevanti, e formulati i principi di diritto, l’Adunanza rimette alla Sezione le altre valutazioni in ordine ai profili temporali della concreta vicenda, ivi compresa quella relativa all’eventuale decorso dei termini entro i quali, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/1973, il concessionario ha l’obbligo di conservare la copia della cartella di pagamento.

Consiglio di Stato, A.P., 14 marzo 2022, n. 4

Testo completo della sentenza Cons. Stato, Adunanza Plenaria del 14 marzo 2022 n. 4 – Pres. Frattini, Est. Veltri