l’acquiescenza tacita alla sentenza impugnata, con conseguente sopravvenuta carenza d’interesse della parte all’impugnazione, consiste nell’accettazione della decisione, derivante dal compimento di atti dai quali emerga, in maniera precisa ed inequivoca, il suo proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, quando risulti che gli atti compiuti siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione (Cass., Sez. U., 22 aprile 2013, n. 9687; Cass., Sez. II, 22 marzo 2018, n. 7181). In particolare, si è ritenuto che l’integrale sgravio del ruolo disposto dopo la sentenza di primo grado favorevole al contribuente, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione, trattandosi di un comportamento che può essere fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione, senza che assuma rilievo l’esistenza o meno di atti prodromici all’atto impugnato né che tale condotta evidenzi la cessazione della materia del contendere (Cass., Sez. VI, 16 luglio 2019, n. 18976; Cass., Sez. V, 1° aprile 2016, n. 6334). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha desunto dallo sgravio integrale l’esistenza dei presupposti dell’acquiescenza tacita dell’Ufficio alla sentenza di primo grado, non ha fatto buon governo di tali principi.
Cass. Civ., Ordinanza del 20 agosto 2021, n. 23186