Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4835 del 16 febbraio 2023, hanno affermato alcuni principi di diritto in tema di prova documentale, nella specie in relazione al valore nel processo di appello di un documento cartaceo prodotto in primo grado.
La prova documentale “precostituita” come fonte di informazione del giurisdizione viene acquisita nel rispetto delle regole sulla produzione e sull’inserimento nei fascicoli processuali, le quali sono finalizzate a garantire il diritto di difesa ed il contraddittorio in favore della controparte.
Secondo il principio di “non dispersione della prova” (o di “acquisizione della prova”) il documento ritualmente prodotto fornisce una rappresentazione immediata e permanente del fatto di causa. Una volta prodotto, in quanto “conosciuto”, resta definitivamente acquisito alla causa e se fosse
successivamente ritirato e poi ancora allegato, dalla stessa parte o da altra parte, non potrebbe considerarsi “nuovo”, né in primo grado, né in appello, né nel giudizio in cassazione.
L’acquisizione della valenza probatoria del documento esibito (ovvero la sua natura di fonte di conoscenza per il giudice e di fissazione formale della verità legale circa l’esistenza o l’inesistenza dei fatti controversi) non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e non può dipendere dalle successive scelte processuali della parte che lo abbia inizialmente prodotto.
Nel passaggio dal giudizio di primo grado al giudizio d’appello, perché il fatto acquisito per il tramite del documento prodotto come fonte di conoscenza possa influire sull’attività logica del giudice dell’impugnazione e sulla decisione del processo, deve essere solo allegato, e cioè dedotto in un enunciato descrittivo contenuto all’interno di un atto difensivo, non nuovamente provato dalla parte che ne invochi il riesame.
Le parti, nel rispetto dei principi di autoresponsabilità ed affidamento processuale, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, sono tenute a riproporre le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e, comunque, non oltre la prima udienza (a differenza delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale).
Secondo la Corte:”L’ambito della cognizione del giudice d’appello è definito dai motivi di impugnazione formulati e dalle domande ed eccezioni riproposte, e non consiste, perciò (salvo che per le questioni rilevabili d’ufficio), in una rinnovata pronuncia sulla domanda giudiziale e sulla intera situazione sostanziale oggetto del giudizio di primo grado. Combinando gli effetti dell’acquisizione probatoria dei documenti prodotti e dei limiti devolutivi dell’impugnazione segnati dagli artt. 342 e 346 c.p.c., restano validi i principi più volte enunciati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare i documenti ritualmente prodotti in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di essi nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto dei documenti acquisiti giustifichi le rispettive deduzioni”.
- Il documento può essere sottoposto all’attenzione del giudice d’appello ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata ad una delle parti;
- se il documento prodotto in formato cartaceo non è rinvenibile nei fascicoli di parte il giudice può apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo;
- può ritenersi consentito al giudice di secondo grado, eventualmente aperto un preventivo contraddittorio, di ordinare la produzione dei medesimi documenti, in copia o in originale, se lo ritenesse necessario, valutando la mancata esibizione, senza giustificato motivo, come comportamento contrario al dovere di lealtà e probità;
- infine, qualora la parte interessata abbia ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere nell’atto di appello o nella comparsa di costituzione una puntuale allegazione del documento cartaceo prodotto in primo grado (e dunque del relativo fatto secondario dedotto in funzione di prova), del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte neppure abbia provveduto ad offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, sarà quest’ultima a subire le conseguenze di tale comportamento processuale, potendo il giudice, il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo, ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell’atto difensivo.
Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza n. 4835 del 16/02/2023 (il testo integrale in pdf)