L’opposizione al ruolo fondata su fatti estintivi sopravvenuti è ammissibile in ogni momento (sentenze)

In materia previdenziale, in conformità alla Sentenza della S.C. n.12685 del 16/11/99:

Il contribuente può quindi proporre opposizione all’esecuzione (come nel caso in esame), secondo il combinato disposto degli articoli 615 e 618-bis c.p.c., quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.
Il giudizio investe l’an dell’esecuzione, cioè il diritto di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto, totale o parziale, del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni.
Per tale opposizione non è previsto alcun termine di decadenza, in quanto la stessa viene promossa per contestare la legittimità delle iscrizioni al ruolo per mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione medesima (nullità e/o inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento), ovvero per addurre fatti estintivi (prescrizione) o preclusivi (decadenza) sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (tra le tante: Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza 10.10.2012 n° 3940; Tribunale Siracusa, sez. lavoro, sentenza 07.06.2012 n° 817; Tribunale Caserta, sez. lavoro, sentenza 04.02.2010 n° 551).

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Inoltre, Cass. civ., Sez. Unite, del 13/07/2000 n. 489, ha stabilito, in relazione all’impugnazione di sanzioni amministrative:

… l’opposizione avverso la cartella esattoriale, per far valere fatti estintivi o impeditivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (come il pagamento, la prescrizione, la morte dell’autore del fatto) non è quella disciplinata dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, bensì l’ordinario rimedio costituito dall’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., poiché la contestazione investe esclusivamente il diritto di procedere all’esecuzione. Consegue che per tale opposizione non è previsto alcun termine di decadenza (Cass. 16 novembre 1999 n. 12685).
Questi essendo i termini del contrasto, ritengono le Sezioni Unite che i problemi vadano risolti secondo il seguente iter logico-giuridico. Una volta ammessa l’esperibilità del rimedio di cui all’art. 615 c.p.c. avverso la cartella esattoriale notificata e prima dell’inizio dell’esecuzione (1^ comma art. cit.), lo strumento processuale dev’essere utilizzato secondo la sua disciplina ordinaria, in virtù della quale l’opposizione all’esecuzione si propone “con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio”. Ora, con riguardo al primo criterio (la competenza per materia) sembrano difficilmente contestabili le argomentazioni addotte a sostegno della competenza pretorile (Cass. n. 1941/99 cit.). Competenza per materia, in deroga all’ordinaria ripartizione ratione valoris di cui agli artt. 17, 1^ co. e 615, 1^ co. c.p.c. non confondibile con quella, di natura funzionale, rinvenibile nella previsione generale dell’art. 45, 4^ co., d.P.R. n. 602 del 1973 (disposizione formulata in deroga al disposto dell’art. 9 c.p.c. sulla competenza del Tribunale: Cass. sez. un. 3 luglio 1993 n. 7289), posto che essa porta ad individuare nel Pretore solo il Giudice dell’esecuzione, e, conseguentemente, solo il giudice competente per le opposizioni di cui all’art. 615 2^ co. e 617 2^ co. c.p.c. (e non già per quella di cui al ridetto art, (*) 615 1^ co. c.p.c.) attualmente esperibili anche avverso esecuzioni esattoriali di crediti non tributari.
In particolare, si deve tener presente che la prescrizione ex art. 28 L. n. 689 del 1981 costituisce una specifica causa di estinzione dell’illecito amministrativo, rilevabile d’ufficio (diversamente da quanto avviene per la prescrizione disciplinata dal codice civile: Cass. 17 aprile 1991 n. 4119), riferibile sia al diritto di riscuotere la sanzione pecuniaria che al potere dell’amministrazione di infliggere tale sanzione (Cass. 27 luglio 1997 n. 6967) ed il cui corso può essere interrotto da qualsiasi atto diretto alla riscossione della pena pecuniaria che sia rapportabile all’esercizio della pretesa punitiva (Cass. 23 gennaio 1998 n. 617).
Alla luce delle considerazioni esposte, appare ineccepibile la conclusione che la cognizione di tale specifica ragione di estinzione (proposta sull’assunto della sopravvenuta inesistenza del diritto di procedere in executivis) spetti soltanto al Giudice che il legislatore ha ritenuto idoneo a conoscere di quella sanzione (e che di quella sanzione ebbe a conoscere o avrebbe potuto conoscere), e cioé il Pretore indicato dalla legge n. 689/81 e che, dopo la brevissima parentesi di competenza concorrente del Giudice di Pace ex art. 7, 3^ co., c.p.c., resta investito di competenza per materia in tema di opposizioni a sanzioni amministrative. Peraltro, a seguito della soppressione dell’Ufficio del Pretore operata dal d.lgs 19 febbraio 1998 n. 51, tale competenza è ormai definitivamente trasferita al Tribunale.
Consegue, altresì, che il rito non può essere quello speciale dell’opposizione di cui agli artt. 22 e 23 L. n. 689/81, atteso che la contestazione investe non la legittimità della pretesa punitiva o la fondatezza dell’addebito ma, esclusivamente, il diritto di procedere all’esecuzione (Cass. 12685/99) cit.). Trattasi di procedimento a struttura semplificata, nell’ambito del quale sono concessi al giudice ampi poteri ufficiosi: è introdotto con ricorso, col decreto di fissazione dell’udienza il giudice ordina all’autorità controinteressata il deposito di tutta la documentazione relativa alla pretesa sanzionatoria in questione, le parti possono stare in giudizio personalmente, l’istruttoria è ufficiosa e atipica, il provvedimento finale è una sentenza non appellabile ma ricorribile in cassazione, comunicazioni e notificazioni sono a carico dell’ufficio, atti e decisioni sono esenti da tasse ed imposte. Si tratta di una procedura predisposta esclusivamente per lo spedito accertamento della fondatezza della sanzione inflitta e, come tale, non applicabile ad ipotesi ontologicamente diverse. Va quindi applicato in toto il rito previsto dal codice processuale, con la conseguenza, fra l’altro, che per l’azione di opposizione non è previsto termine di decadenza (Cass. n. 12685/99 cit.). La soluzione non è esente da inconvenienti, perché la fase esecutiva verrebbe ad avere, rispetto a quella cognitiva, una tutela giurisdizionale più ampia (tre gradi di giudizio) e più gravosa (tutela legale ed assenza di agevolazioni tributarie). Ma gli inconvenienti, di carattere pratico e dommatico(*), della tesi opposta, sono assai maggiori e paradossali.
Si pensi al caso in cui il Giudice, adito ai sensi della legge n. 689/81, emetta sentenza con la quale respinge l’opposizione, sentenza poi passata in giudicato. Se a questo punto per inerzia del creditore matura il termine di prescrizione e dopo tale maturazione viene disposta l’iscrizione a ruolo, non è certo possibile pensare ad una nuova opposizione da proporre ancora ex artt. 22 e 23. Allo stesso modo, se dopo l’emanazione della sentenza passata in giudicato o dopo che l’ordinanza non è più impugnabile il debitore paga, ma l’ente creditore dispone egualmente l’iscrizione a ruolo, non si può certo pensare ad una nuova opposizione o ad un’opposizione tardiva, ma solo ad un’opposizione all’esecuzione, da proporre al giudice competente per materia e secondo il rito ordinario.