Opposizione al ruolo esattoriale ed interesse ad agire [PARERE]

Quesito

Dopo che sono trascorsi i termini per l’impugnazione della cartella, è possibile chiedere l’accertamento giudiziale della prescrizione di crediti previdenziali risultanti da un estratto di ruolo ?

Parere

Con due recenti sentenze in materia di previdenza (nn. 22946/2016 e 6034/2017), la Corte di Cassazione ha sollevato dubbi sulla sussistenza dell’interesse ad agire nel caso di opposizione al ruolo esattoriale, una volta trascorsi i termini per l’impugnazione della cartella.

Invero, l’opposizione alla cartella è soggetta a termini solo se si contesta il merito della pretesa contributiva (ex D.Lgs. n. 49 del 1999). I fatti estintivi successivi alla rituale notifica della cartella, evidentemente, non possono essere fatti valere con il ricorso disciplinato dal citato D.Lgs..

Tuttavia, con la recente sentenza n. 22946, del 10 novembre 2016 la Cassazione si è espressa affermando due principi:

  • “L’impugnazione diretta del ruolo esattoriale da parte del debitore che chieda procedersi ad un accertamento negativo del credito dell’amministrazione ivi risultante deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto ad eliminare la pretesa impositiva dell’amministrazione: ben avrebbe potuto infatti il debitore, rivolgersi direttamente all’amministrazione, in via amministrativa, chiedendo l’eliminazione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio). Avendo egli uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione a cui far ricorso, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione di mero accertamento. A ciò si aggiunga una considerazione di carattere generale, sulla possibilità di far valere, in via di azione, l’intervenuta estinzione per prescrizione di un diritto altrui”.

  • “Nel caso sottoposto al nostro esame, il debitore intendeva poi far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo (in particolare, la prescrizione). Lo strumento a sua disposizione sarebbe stato, a fonte dell’iniziativa esecutiva dell’amministrazione in forza di un credito prescritto, l’opposizione all’esecuzione. Nel caso di specie, però, nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione“.

Le considerazioni relative alla necessità di una preventiva istanza di sgravio non sembrano condivisibili, poiché l’istanza in autotutela non è prevista quale condizione di procedibilità della domanda. Ipotizzare la sussistenza a carico del contribuente dell’onere di richiedere preventivamente lo sgravio costituirebbe una limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 della Costituzione. Peraltro, non essendo stato prescritto in relazione alla fase in cui è ancora proponibile il ricorso di merito (ex D.Lgs. n. 49 del 1999), tale onere non può sussistere nella successiva fase della riscossione. Infatti, a ben vedere, in altri casi, l’obbligo di presentazione del ricorso amministrativo è previsto in un momento procedimentale precedente a quello in cui il credito è divenuto definitivo (come avviene, ad esempio, nel caso dei ricorsi amministrativi online per l’accertamento negativo dell’indebito previdenziale).

Né è condivisibile la laconica esclusione del diritto ad agire con l’opposizione all’esecuzione. Sul punto, va evidenziato che il D. Lgs. n. 49 del 1999 sul “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo”, al comma II dell’art. 29 (rubricato “Garanzie giurisdizionali per entrate non devolute alle commissioni tributarie”) stabilisce che “…le opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”. E’ pacifico in giurisprudenza che avverso i crediti iscritti a ruolo è ammessa l’opposizione all’esecuzione, ex art. 615, I comma, C.p.c., innanzi al Giudice competente per materia e valore (Cass. Civ., Sez. I, 20/04/2006, n. 9180) e che tale azione è l’ordinario rimedio per far valere fatti estintivi o impeditivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo “…poichè la contestazione investe esclusivamente il diritto di procedere all’esecuzione. Consegue che per tale opposizione non è previsto alcun termine di decadenza” (Cass. civ., Sez. lavoro, 27/02/2007 n. 4506, Cass. civ., Sez. III, 16/11/1999 n. 12685).

Quindi, dopo la notifica della cartella di pagamento (che, per legge, concentra in sé il titolo esecutivo -ovvero il ruolo- e l’atto di precetto) e prima dell’inizio del procedimento esecutivo, il rimedio per contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata è l’opposizione ex art. 615, I comma, c.p.c.. L’opposizione così proposta non ha la finalità di aggirare l’applicazione dei termini di impugnazione (per far valere fatti estintivi o modificativi precedenti alla notifica della cartella), ma il chiaro scopo di far accertare fatti estintivi del credito verificatisi in epoca successiva alla notifica della cartella stessa.

L’affermazione che “nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione” è inconferente, perché l’opposizione ex art. 615, comma I, si propone proprio in tal caso, mentre, se l’esecuzione è già iniziata, occorre proporre ricorso al Giudice dell’esecuzione ai sensi del comma II.

Va segnalata un’altra recente sentenza, con la quale è stata ritenuta ammissibile l’impugnazione del ruolo esattoriale nel caso di nullità della notifica della cartella, ovvero la nota sentenza delle SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione, n. 19704 del 02.10.2015 che, tra l’altro, ha stabilito:”posticipare il momento in cui il contribuente può far valere l’illegittimità della pretesa non serve a “sveltire” l’azione di prelievo ma solo ad aumentare il danno derivante da azioni esecutive in ipotesi portate avanti sulla base di pretese illegittime”Le SS.UU., al di là dei principi espressi in relazione al caso deciso, hanno affermato che non si può negare il diritto alla tutela giurisdizionale “subordinandolo alla notifica di un ulteriore atto da parte dell’amministrazione, senza considerare che: in alcuni casi potrebbe anche non esservi un ulteriore atto prima di procedere ad esecuzione forzata sulla base del ruolo; la possibilità di accesso alla tutela giurisdizionale da parte del contribuente sarebbe ancora una volta rimessa alle determinazioni dell’amministrazione circa i modi e i tempi della notifica dell’eventuale atto successivo; nel frattempo aumenterebbe per il contribuente il pregiudizio connesso alla iscrizione in un registro di pubblici debitori nei confronti dei quali è stato avviato un procedimento di esecuzione coatta; tale pregiudizio, nonché quello derivante da un eventuale completamento della esecuzione senza possibilità per il contribuente di far valere le proprie ragioni dinanzi ad un giudice, potrebbero essere eventualmente fatti valere poi solo coi tempi e i modi di un’azione risarcitoria nei confronti dell’amministrazione”.

Ed ancora, va sottolineato che, in relazione a crediti prescritti, molto spesso la condotta dell’ente creditore e dell’Agente della Riscossione che, nel corso degli anni successivi alla formazione del ruolo, hanno deliberatamente scelto di non procedere al recupero del credito, lasciando che gli interessi moratori lievitassero notevolmente, appare pregiudicare gravemente la posizione del contribuente. Già solo per questo motivo, appare palese l’immediato e concreto interesse a definire con provvedimento giudiziale la sussistenza -o meno- del diritto di credito, in modo da poter decidere di pagare -o meno-, con consapevolezza, nel solo caso in cui le somme risultassero effettivamente dovute, evitando l’ulteriore aggravio degli interessi maturati successivamente.

Le citate sentenze della S.C. hanno creato incertezza tra i giudici di merito, che pur avendo, storicamente, sempre ammesso la procedibilità dei ricorsi de quibus sono costretti a prendere atto dei paletti fissati dalla giurisprudenza di legittimità. Si auspica, quindi, che la S.C. ritorni al più presto sui suoi passi.