Azione risarcitoria in sede civile e pregiudizialità penale

Nel precedente sistema processuale vigeva il dogma della unitarietà e della prevalenza del giudizio penale. Sicché l’art. 295 c.p.c. prevedeva, in relazione al previgente art. 3 c.p.p. che quando i fatti a base della controversia civile erano anche quelli oggetto di accertamento in sede penale, il processo civile doveva essere sospeso. In seguito, alcune pronunce della Consulta ed il nuovo c.p.p. hanno sancito il superamento di tale principio.

Ed infatti il nuovo art. 75 c.p.p., comma II, prevede la possibilità per il danneggiato dal reato di agire autonomamente in sede civile senza che il giudizio sia sospeso sino all’esito del processo penale e senza che possa essere pregiudicato da un’eventuale sentenza penale assolutoria. La sospensione necessaria è prevista dall’art. 75. c.p.p., comma III, solo “se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado“.

Le SS. UU. della Cassazione Civile, nel 2001, hanno poi definitivamente provveduto a fare chiarezza in materia di rapporti tra giudizio civile e penale, stabilendo che “ai sensi degli art. 295 c.p.c., 75 c.p.p., 211 disp. att. c.p.p., fuori del caso in cui i giudizi possono proseguire davanti al giudice civile ai sensi dell’art. 75 comma 2 c.p.p., negli altri casi, [n.d.s.: previsti dall’art. 75 comma III] il processo può essere sospeso se tra processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall’art. 295 c.p.c. o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma, e sempre a condizione che la legge penale esplichi efficacia di giudicato nell’altro giudizio, ai sensi degli art. 651, 652 e 654 c.p.p.” (Cass. civ., Sez. Unite, 05/11/2001, n. 13682). (sulla base di tale principio la S.C. ha annullato, per mancanza di un rapporto di pregiudizialità tra i giudizi, l’ordinanza di sospensione del processo civile avente ad oggetto l’adempimento del contratto in attesa della definizione del processo penale per la truffa relativa alla determinazione dei corrispettivi).

La più recente giurisprudenza della S.C. ha fatto, quindi, propria la tesi della completa autonomia e separazione del giudizio civile da quello penale pregiudiziale, non offrendo l’ordinamento altro mezzo preventivo di coordinamento dei due giudizi all’infuori di quello previsto dall’art. 75 c.p.p.; con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile e del giudizio penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dell’obbligo del Giudice civile di accertare in modo autonomo i fatti e la responsabilità (ex plurimis Cass. 14/03/2002, n. 3753).

Pervero anche la corrente minoritaria e marginale che considera ancora vigente l’ormai superato “principio della prevenzione della possibile contraddittorietà di giudicati” – per cui nelle ipotesi di pregiudizialità penale sarebbe sempre necessaria la sospensione del giudizio civile – afferma, come eccezione al riferito principio, che per i giudizi risarcitori e restitutori (nei quali rientra il presente giudizio) il rapporto tra questi ultimi ed il processo penale è tendenzialmente dominato dal principio dell’autonomia ( Cfr. Cass. 13.05.1997, n. 4179: ” Con riguardo alla sospensione del giudizio civile ex art. 295 c.p.c. (come novellato dall’art. 35 l. n. 353 del 1990) in pendenza di procedimento penale …occorre distinguere l’ipotesi del giudizio civile avente ad oggetto l’azione riparatoria ed il risarcimento del danno , che è disciplinata dall’art. 75 c.p.p. ed è tendenzialmente dominata dal principio dell’autonomia delle giurisdizioni e quindi dal divieto di sospensione del processo civile  se non nelle  due ipotesi previste dal 3° comma della citata disposizione (se l’azione è stata proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado) e l’ipotesi di ogni altro giudizio civile, che invece è retta (ex art. 211 norme att., coord. e trans., c.p.p.) dal principio della prevenzione della possibile contraddittorietà di giudicato, sicché la sospensione (necessaria) del giudizio pregiudicato è in tal caso condizionata alla ricorrenza della duplice condizione dell’avvenuto esercizio dell’azione penale e della rilevanza e dell’opponibilità del giudicato penale formatosi a seguito di giudizio dibattimentale nei limiti previsti dall’art. 654 c.p.p.“).

Quindi,”in sostanza, si può dire che nel sistema dell’art. 75 c.p.p., il fondamento della regola di coordinamento costituita dalla sospensione del giudizio civile non è la possibilità che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nel giudizio civile, bensì la scelta del danneggiato di esercitare l’azione civile prima o dopo di essersi costituito parte civile.”( Cass. 13544 del 12.06.2006)

Orbene, vertendosi in tema di azione restitutoria, nel caso di specie riceve applicazione l’art. 75 c.p.p., in base al quale il mancato esercizio della facoltà di costituirsi parte civile nel processo penale realizza l’autonomia dei due giudizi e la loro prosecuzione parallela.

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Modello memoria difensiva

Sgomberato il campo dai possibili dubbi in ordine alla vigenza del principio di autonomia tra i giudizi, occorre, per mero tuziorismo difensivo, evidenziare l’insussistenza nel caso di specie di un’ipotesi di pregiudizialità tecnica, presupposto essenziale della sospensione necessaria ex art 295 c.p.c.. La pregiudizialità tecnica, come è noto, si identifica come il rapporto tra due fattispecie in cui la questione pregiudicante fa parte, come suo presupposto, di quella dedotta in giudizio.

Controparte ha semplicemente allegato che è stato attivato un processo penale a carico del Sig. * Gaetano vertente sugli stessi fatti dedotti in giudizio dall’attore, ma non ha prodotto alcuna prova od argomentazione sul carattere pregiudiziale del giudizio penale rispetto a quello civile in corso.

Ciò si spiega con il fatto che, nel processo penale de quo, non vi è alcun elemento pregiudizialità rispetto al presente procedimento: l’accertamento della responsabilità penale a carico del Sig. * è del tutto irrilevante ai fini della decisione sull’azione civile di restituzione, poiché la sentenza penale non costituirà l’indispensabile antecedente logico-giuridico della questione sollevata in sede civile.

Il fatto storico per cui è causa è idoneo a generare due differenti profili di responsabilità, l’uno rilevante in sede civile e l’altro in sede penale, che si collocano su binari paralleli ma separati ed in rapporto di totale in-dipendenza tra loro e non in rapporto di pregiudizialità-dipendenza ex art. 295 c.p.c.. All’esito del processo penale, sia nell’ipotesi di condanna sia nell’ipotesi di assoluzione del Sig. * Gaetano dal reato contestatogli, l’attore avrà in ogni caso diritto alla restituzione della somma pagata in virtù del contratto stipulato con la compagnia di assicurazione INA Assitalia! Se l’imputato * sarà condannato per truffa l’istante avrà diritto a fortiori alla restituzione del capitale oggetto del contratto stipulato con l’INA in base alle regole sulla responsabilità dettate dal codice civile; se sarà assolto si applicherà l’art. 653 c.p.p., che esclude espressamente l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile quando il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile.

La giurisprudenza della S.C. con riferimento a casi analoghi è ormai univocamente orientata nel senso di proseguire il giudizio in sede civile nonostante la contemporanea pendenza del processo penale:

La sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ.< ricorre qualora risultino pendenti davanti a giudici diversi procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico – giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicati. Tale evenienza non ricorre qualora l’azione civile sia stata autonomamente esercitata prima che sia stata pronunziata sentenza penale di merito di primo grado, poichè l’esito del giudizio civile prescinde dall’esito del processo penale e dà luogo ad un accertamento del tutto autonomo , non sussistendo più la regola della pregiudizialità dell’accertamento penale rispetto a quello civile,desumibile dall’art. 3 del precedente codice di procedura penale. – Cass. civ., Sez. III, 24/11/2005, n.24811.

In materia di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il processo può essere sospeso, in base a quanto dispongono gli artt 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. civ., ove alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile. Pertanto a rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato, che è oggetto di imputazione nel giudizio penale. (Sulla base di tale principio la S.C. ha annullato, per mancanza di un rapporto di pregiudizialità tra i giudizi, essendo invece configurabile una semplice comunanza di fatti, l’ordinanza di sospensione del processo civile avente ad oggetto l’adempimento di obbligazioni contrattuali e l’accertamento della invalidità e dell’inefficacia del relativo contratto in attesa della definizione del processo penale per il reato di truffa, addebitato a soggetti facenti capo alla organizzazione di entrambe le parti, relativo alla determinazione dei corrispettivi). – Cass. civ., Sez. I, 16/12/2005, n.2778.