Il diritto di parcheggio non corrisponde ad un diritto reale di godimento ma si può costituire o come diritto di proprietà esclusiva sulla porzione di un maggior fondo o come diritto personale di godimento.
(modifica del 16.12.2017 – cfr. anche Cass. Civ., Sez. II, sentenza del 6 luglio 2017, n. 16698 https://www.studiocataldi.it/articoli/28342-servitu-di-parcheggio-lecita-e-possibile.asp)
Suprema Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 novembre 2014, n. 23708
Questa S.C., infatti, ha anche di recente avuto occasione di affermare che il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso (sent. 7 marzo 2013 n. 5760), mentre la mera commoditas di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari (sent. 28 aprile 2004 n. 8137)..
Ne consegue che sia che si voglia ritenere che nella specie non rileva accertare se la Corte di appello nella sua confusa motivazione ha inteso affermare che le parti con il contratto in data 21 agosto 1990 avevano dato vita ad un riconoscimento di una servitù già esistente oppure che avevano costituito una servitù a favore di terzo, essendo in entrambi i casi nulla la volontà negoziale per impossibilità dell’oggetto. Tale nullità, poi, poteva essere dedotta per la prima volta anche in questa sede ai sensi dell’art. 1421 cod. civ.
Vengono ad essere assorbiti il secondo ed il terzo motivo, con i quali la società ricorrente censura la motivazione con la quale la Corte di appello ha ritenuto che nella specie le parti, nel citato contratto del 21 agosto 1990 avevano inteso riconoscere una servitù già esistente oppure costituire una servitù a favore di terzo (come già osservato non si comprende a quale delle due possibilità i giudici di secondo grado abbiano inteso riferirsi.
In considerazione della nullità per impossibilità dell’oggetto dell’atto di riconoscimento o di costituzione di servitù, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, questa S.C., ritiene di poter decidere la causa nel merito con il rigetto della domanda.
In considerazione del fatto che, da un lato, la nullità di cui sopra risulta dedotta per la prima volta in questa sede e non è stata rilevata di ufficio nei precedenti gradii di giudizio, ritiene il collegio di compensare le spese dell’intero giudizio.
Cass. civ. Sez. II, 07/03/2013, n. 5769
Occorre poi ribadire, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, che il diritto di parcheggio di autovetture costituisce espressione di un possesso a titolo di proprietà del suolo e non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la “realitas”, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso; la sentenza impugnata ha correttamente evidenziato che il parcheggio di autovetture costituiva una mera comodità ed un vantaggio del tutto personale per le persone accedenti al preteso fondo servente (V. Cass. n. 8137/2004; n. 1551/2009; n. 20409/2009). Va, peraltro, rammentato, che l’acquisto per usucapione dellaservitù di parcheggio è impedito; oltrechè dal difetto dell’utilità del fondo dominante, dal disposto dell’art. 1061 c.c. che vieta l’acquisto per usucapione delle servitù non apparenti, essendo l’apparenza requisito necessario per poter ravvisare una situazione di fatto oggettiva di per sè rivelatrice, per la sussistenza di opere inequivocabilmente destinate all’esercizio della servitù, dell’assoggettamento di un fondo ad un altro; nella specie i ricorrenti nulla hanno dedotto al riguardo, essendosi limitati a sostenere genericamente di aver esercitato il parcheggio su una strada di proprietà della controparte ove avevano il diritto di passaggio, richiamando la sentenza di primo grado che avrebbe fatto riferimento alla “realitas”del diritto stesso”come rapporto tra fondo dominante e fondo servente”, senza, tuttavia, in alcun modo specificare le opere rappresentative di tale rapporto. Va aggiunto che, in difetto di opere inequivocabilmente destinate al parcheggio, deve escludersi la sussistenza di un possesso idoneo all’acquisto per usucapione della relativa servitù; stante l’incompatibilità con il diritto di proprietà; l’attività di parcheggio integra,infatti, una delle tante manifestazioni e facoltà del diritto medesimo, non rapportabile ad un’utilità del fondo dominante ed al corrispondente peso del fondo servente. Ai sensi dell’art. 1140 c.c., per la configurabilità del possesso “ad usucapionem” si richiede, com’è noto, la sussistenza di un comportamento continuo e non interrotto, diretto inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa un potere di fatto corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena”, manifestato con atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione del bene, tali da rivelare, anche esternamente, la signoria sul bene stesso, contrapposta alla inerzia del titolare del diritto (Cfr. Cass. n. 20670/2010). Tali limiti del possesso “ad usucapionem” non consentono, neppure tramite convenzione negoziale, di costituire servitù meramente personali (cosiddette servitù irregolari), trattandosi di convenzione del tutto inidonea alla costituzione del diritto reale limitato di servitù, in difetto della sua caratteristica tipica costituita dalla “realitas”, sicchè la convenzione stessa sarebbe inquadrabile nello schema di un diritto d’uso, di affitto o comodato (cfr. Cass. n. 20409/2009).
Non è pertinente,poi, il richiamo alla natura reale del diritto di uso di un’area destinata aparcheggio anche se l’applicabilità a tale diritto delle norme relative all’usufrutto, ex art. 1026 c.c., consentirebbe di ritenere possibile, in relazione alla previsione dell’art. 978 c.c., l’usucapione del diritto di uso; nella specie, infatti, la domanda ha ad oggetto il riconoscimento dell’usucapione della servitù di parcheggio e non il diritto reale d’uso derivante dal vincolo di destinazione posto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 e L. n. 47 del 1985, art. 26.
Cass. civ., Sez. II, 28/04/2004, n. 8137
Se infatti il parcheggiare l’auto può essere una delle tante manifestazioni di un possesso a titolo di proprietà che nella specie non è mai stato neppure dedotto e che, comunque, per essere tale avrebbe implicato “l’animus excludendi alias”, e cioè la disponibilità di un posto determinato e sempre libero (il che pacificamente non avveniva) – non può, invece, dirsi che tale potere di fatto fosse inquadratole nel contenuto di un diritto di servitù, posto che caratteristica tipica di detto diritto è la “realità”, e cioè l’inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso. Nella specie la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo (anche numericamente limitate), non potrebbe certamente valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso e non, come in effetti è, un vantaggio del tutto personale dei proprietari.