Se la condanna alle spese vive non comprende, per la sua entità, il contributo unificato, essa è da intendersi nel senso che il giudice abbia inteso liquidare a favore della parte vittoriosa la somma espressamente indicata in aggiunta a quella rappresentata dalla misura del contributo unificato ed in quanto relativa ad altre spese vive sopportate, come se si trattasse di una condanna implicita.
Cass. Civ., Ordinanza del 23 settembre 2015 n. 18828
[..]Ritenuto quanto segue:
1. D.L.G., D.L.M. e C.G., quest’ultima in proprio e nella qualità di legale rappresentante del figlio minore D.L.G., hanno proposto istanza di correzione di errore materiale riguardo all’ordinanza di questa Corte n. 8992 del 17 aprile 2014, pronunciata a definizione del ricorso per regolamento di competenza iscritto al n.r.g. 8592 del 2013 ed introdotto da D.L.G., in proprio e nella qualità di legale rappresentante dei figli minori D.L.M. e G., contro l’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento e B.F., nonchè in confronto di C.G. (moglie del ricorrente), in proprio e nella duplice qualità di esercente la potestà genitoriale sui detti minori.
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2.2. Il ricorso così ritenuto ammissibile appare tuttavia, al contrario di quanto aveva ipotizzato la relazione, infondato e deve essere rigettato, in quanto è stato proposto al di fuori di una configurabilità della situazione di errore materiale supposta dall’art. 391 – bis c.p.c..
Nel ricorso si lamenta, infatti, che nel provvedimento impugnato vi sarebbe stato un errore materiale, là dove l’importo degli esborsi è stato liquidato in Euro 200,00 mentre nell’ambito della determinazione degli stessi si sarebbe dovuto tenere conto del versamento da parte dei ricorrenti del ricorso deciso con detto provvedimento dell’importo di Euro 1.076,00 a titolo di c.d.
contributo unificato e del pagamento di Euro 22,83 per le notifiche, sicchè il dovuto per quel titolo sarebbe stato pari ad Euro 1.098,83.
Senonchè, l’espresso riferimento ad un importo degli esborsi effettuato dal provvedimento impugnato, se vale certamente a comprendere in esso esborsi ritenuti dalla Corte come naturalmente connaturati alla proposizione del ricorso e liquidati in via forfettaria (come la somma sborsata per le notifiche, in mancanza di evidenziazione con una nota delle spese, come ora impone l’art. 2 del d.m. n. 55 del 2014, che, peraltro, non era ancora in vigore al momento della pronuncia dell’ordinanza di cui si chiede la correzione), non esclude in alcun modo che il provvedimento stesso, in quanto recante la condanna alle spese e per ciò solo, si debba intendere come giustificativo anche della imposizione a carico degli allora intimati B. ed Azienda Ospedaliera dell’obbligo di rifusione della somma sborsata per il contributo unificato.
Infatti, poichè “il contributo unificato atti giudiziari, di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, costituisce un’obbligazione “ex lege” di importo predeterminato, gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, con la conseguenza che il giudice non è tenuto a liquidarne autonomamente il relativo ammontare” (Cass. (ord.) n. 21207 del 2013) e, d’altro canto, la somma relativa è risultante da un pagamento che risulta evidenziato all’ufficio che riceve l’iscrizione a ruolo dell’affare (ed il cui cancelliere deve controllarne la congruità), si deve ritenere che, allorquando la statuizione sulla condanna alle spese a favore di chi l’abbia versato, ancorchè individui come dovuta una somma a titolo di esborsi (cioè di spese vive) che abbia, come nella specie, determinato forfettariamente nel regime anteriore al d.m. n. 55 del 2014, e che non risulti, per la sua entità, comprensiva dell’importo corrisposto dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, essa possa e debba essere intesa non già nel senso che la decisione abbia commesso un errore materiale nella determinazione degli esborsi sostenuti dalla parte vittoriosa (errore che, peraltro, si concreterebbe non tanto in una omissione di pronuncia, concetto estraneo alla statuizione sulle spese, bensì in una violazione dell’art. 91 c.p.c., quale norma che giustifica l’esenzione della parte vittoriosa dal costo del processo), bensì nel senso che abbia inteso liquidare a favore della parte vittoriosa la somma espressamente indicata in aggiunta a quella rappresentata dalla misura del contributo unificato ed in quanto relativa ad altre spese vive sopportate.
Invero, risultando detta misura da un pagamento facilmente documentabile e per un importo predeterminato, sebbene discutibile dall’Amministrazione, è palese che la decisione, anche agli effetti dell’utilizzazione come titolo esecutivo, si deve intendere come impositiva della condanna alla restituzione dell’importo pagato o integrato a seguito di determinazione dell’Amministrazione.
In altri termini la natura stessa del contributo unificato e le modalità del suo versamento in correlazione con l’iscrizione a ruolo e della sua definitiva determinazione con poteri riconosciuti all’ufficio di cancelleria, consentono di intendere la decisione che pure formalmente non abbia condannato al pagamento in favore della parte vittoriosa come decisione senz’altro giustificativa, anche sotto il profilo dell’efficacia di titolo esecutivo, di quella condanna, come se si trattasse di una condanna implicita.
La facile documentabilità dell’importo e la correlazione di essa ad un accertamento dell’Amministrazione palesa d’altro canto che nella specie l’individuazione della sussistenza del titolo esecutivo non sfugge alla formalità che lo deve contraddistinguere.
Nel caso che si giudica, come s’è detto, non veniva in rilievo il d.m. n. 55 del 2014, entrato in vigore successivamente, ma le considerazioni espresse possono riproporsi anche con riferimento al caso in cui, nella sua vigenza, la condanna alle spese venga disposta senza alcun riferimento all’imposizione dell’onere di rimborso del contributo unificato pagato dalla parte vittoriosa.
E’ vero, infatti, che l’art. 2 a proposto della liquidazione delle spese prevede ora che esse debbano essere documentate e comunque stabilisce, in aggiunta, la debenza di un rimborso forfettario per le spese generali commisurato nel 15% del compenso totale per le prestazioni, ma l’onere di documentazione delle spese non si può intendere comprensivo di quello relativo alla sopportazione del pagamento del contributo unificato, giacchè, essendo avvenuto il pagamento presso l’ufficio adito e, come s’è detto, con poteri di accertamento del medesimo, sarebbe del tutto illogico pretendere che la parte debba documentare anche detto pagamento, che è rilevabile tramite il fascicolo d’ufficio.
Ne segue che deve essere affermato il principio di diritto secondo cui, qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese giudiziali e nell’ambito di essa non faccia alcun riferimento alla somma pagata a titolo di contributo unificato dalla parte vittoriosa, la statuizione di condanna (nel regime del d.m. n. 55 del 2014eventualmente anche recante condanna alle spese documentate diverse da quella del contributo e nel regime anteriore eventualmente recante la liquidazione di una somma per esborsi forfettariamente determinata inidonea a comprendere il contributo) si deve intendere estesa implicitamente, al di là della mancanza formale, anche alla imposizione della restituzione della somma corrisposta per quel titolo, il cui pagamento sarà documentabile amiche in sede di esecutiva tramite la documentazione relativa al versamento.
3. Il ricorso della C. in proprio è, pertanto dichiarato inammissibile, mentre quello della stessa C., come legale rappresentante di D.L.G., di D.L.G. e di D. L.M. sono rigettati.
Giusta le svolte considerazioni, la condanna alle spese presente nell’ordinanza 8992 del 2014 andrà, naturalmente, intesa come comprensiva anche dell’imposizione ai soccombenti dell’obbligo di restituzione della somma pagata a titolo di contributo unificato opportunamente documentata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di C.G. in proprio. Rigetta il ricorso di C.G., come legale rappresentante di D.L.G., di D.L.G. e di D. L.M..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 10 giugno 2015.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2015
AvvocatoAndreani.it – Articolo originale: Cassazione, Ordinanza n. 18828/2015